Un progetto capace di futuro
ll SISA (Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente), nasce nell’ottobre 2007, riportiamo qui di seguito l'intervista che riassume le ragioni e il senso di questo comune impegno.
Il SISA, Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente è in Italia il primo sindacato che ponga nella stessa organizzazione studenti e docenti, insieme e con responsabilità condivise per costruire una scuola e una università capaci di futuro. Il primo che riaffermi esplicitamente la piena adesione al pensiero di don Milani, a partire dal fatto che “la selezione è contro la cultura” e che inscriva il diritto alla fantasia, nel solco di Gianni Rodari, tra i suoi impegni. Il primo che dichiari esplicitamente una volontà e una azione europea e transnazionale, perché europee sono la maggior parte delle decisioni che riguardano il campo dell’educazione, e la valorizzazione delle comunità interne a ciascuna nazione, a partire in Italia dalla comunità slovena del Friuli Venezia Giulia. È un sindacato che nasce per la passione e l’entusiasmo di docenti e studenti della scuola e dell’università, con il contributo e la partecipazione attiva – anche questa una reale novità - delle cittadine e dei cittadini che si riconoscono in un progetto che rimetta al centro del dibattito sociale il valore dell’istruzione e che immagini una scuola promotrice di cultura, in cui la libertà di apprendimento degli studenti e la libertà di insegnamento dei docenti ne siano il cuore. È infine il primo sindacato a porre il tema di un’educazione eco-compatibile tra le priorità del sistema formativo, perché se non cresceranno una nuova cultura e una nuova sensibilità, il futuro stesso della terra sarà incerto e in pericolo.
Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente
Un progetto capace di futuro
Intervista a Davide Rossi
di Manuela Tempesta
(www.aurorarivista.it)
Davide Rossi, sei il segretario generale di un nuovo sindacato della scuola, il SISA, il Sindacato indipendente Scuola e Ambiente, ma non ce ne sono già molti?
Applicare ai sindacati il criterio dei partiti, dei forse troppi partiti, non ha alcun senso. Il sindacato è il luogo di aggregazione dei lavoratori e nel nostro caso, pure di studenti e cittadini democratici, che condividono un progetto. È un luogo vivo, si nutre delle lotte e delle analisi che è in grado di elaborare. Non gestisce il potere, questo forse lo fanno i sindacati concertativi, non certo un sindacato come il nostro che ha come progetto la trasformazione della realtà presente, nella scuola e nella società, accrescendo la partecipazione, la democrazia e la responsabilità. Perché solo una scuola partecipata e appassionante ci regalerà una società e un mondo migliori e più giusti.
Quali sono le differenze del SISA rispetto agli altri sindacati?
Moltissime, noi vogliamo andare al di là di tutti gli attuali modi di fare sindacato, che ci appaiono vecchi, superati, assolutamente inadeguati per affrontare le sfide del presente. Quello dei confederali, che sono solo uno strumento per peggiorare le condizioni della scuola, di docenti e studenti, nel quadro di crisi dell’Occidente, mascherando queste scelte dietro una gestione capillare e totale del sistema scuola e attraverso lo sventolio di bandiere che hanno ancora colori di lotta, ma sono più che sbiadite soprattutto nei cuori della stragrande maggioranza dei dirigenti di quelle organizzazioni. Quello dei sindacati come Gilda e Snals, che hanno una visione arcaico-corporativa, inadeguata e riduttiva di quello che è la scuola, quello dei sindacati della stagione Cobas, una ricchezza che - nonostante presenze meritorie - nella scuola si sta smarrendo, soffocata da un lato da approcci eccessivamente ideologici e dall’altro per la grave volontà aggressivamente egemonica della sigla maggiormente conosciuta tra queste nella scuola.
Quali sono le novità del SISA?
Direi decisive, siamo il primo soggetto sindacale della scuola italiana che ragiona in termini transnazionali ed europei. Quando la maggior parte delle decisioni, anche per la scuola, vengono prese a Bruxelles, nascondersi dentro un ragionamento nazionale è riduttivo. A livello italiano vogliamo poi esaltare il contributo di tutte le comunità, a partire dalla numerosa comunità slovena. Non a caso la nostra sede transnazionale si trova a Trieste, nel cuore dell’Europa, non a Roma. Un’Europa che è incontro di civiltà, di storie e culture, dall’atlantico lusitano al baltico slavo.
È il primo sindacato ad essere formato da docenti e ATA e da studenti, con uguali responsabilità e lavorano insieme a tutti quei cittadini che condividono il nostro progetto e le nostre sensibilità. Ripensare la scuola e l’università significa esaltare la libertà d’insegnamento di maestri e professori e la libertà d’apprendimento degli studenti. La scuola deve tornare a costruire con passione i saperi, può farlo solo se coloro che vi entrano tutti i giorni, docenti e studenti, sono consapevoli di questa avventura straordinaria. La scuola oggi mortifica entrambi, docenti mal pagati e mal considerati, costretti a ripetere stancamente lezioni che non interessano i loro studenti e studenti vittime di un nuovo atteggiamento autoritario sempre più diffuso e assolutamente dannoso e condannabile.
Quale scuola proponete allora voi del SISA?
Semplice, una scuola capace di futuro, la sola possibile, la sola in grado di vincere l’autodistruzione a cui la hanno condannata anni di riforme peggiorative per tutti, docenti e studenti.
Noi ripartiamo da don Lorenzo Milani, ma non nel senso delle interpretazioni buoniste e confessionali tanto di moda, noi del SISA purtroppo o per fortuna “Lettera ad una professoressa” l’abbiamo letta e la rileggiamo spesso: “la selezione è contro la cultura” … “nulla vi è di più ingiusto che fare parti eguali tra diseguali”, e potrei continuare con le citazioni. Lorenzo Milani ci regala una radicalità rivoluzionaria, sincera, profonda, etica.
Per prima cosa vogliamo smascherare la farsa dei programmi, tutti si nascondo dietro i programmi. I docenti perché costretti, gli studenti perché alla fine è più semplice ripetere in qualche modo una lezione.
Noi crediamo che nel solco del programma debba essere il docente a proporre percorsi che esaltino le sue competenze e i suoi interessi, solo così potrà coinvolgere i ragazzi, i quali hanno tutto il diritto di proporre stimoli, idee, elementi che concorrano alla costruzione dei saperi.
La scuola deve esaltare la responsabilità e la partecipazione, tanto dei docenti, quanto degli studenti, oggi gli studenti ci vanno quasi esclusivamente perché stanno tra coetanei, nella maggioranza dei casi l’essere in un luogo in cui si può imparare è talmente secondario e irrilevante che quasi se lo sono dimenticato. Compito di chi insegna è quindi prima di tutto tornare a trasmettere passione per la cultura, far percepire ai ragazzi, anzi percepire insieme a loro che solo l’istruzione ci rende liberi, come ha scritto il grande cubano Josè Martì, rivoluzionario e nel corso della sua vita anche insegnante a Caracas.
E la valutazione?
Un’altra farsa ben organizzata, smettiamola con questo assurdo! Creiamo dei percorsi di autovalutazione. I docenti devono autovalutarsi in un quadro di riferimenti condivisi e devono promuovere l’autovalutazione degli studenti, non essere valutati dal preside e valutare gli studenti. Gli studenti devono riflettere su quanto imparato, su quanto li ha arricchiti, su quali strumenti critici, umanistici e scientifici si sono dati per diventare cittadini. Solo esaltando la responsabilità e il protagonismo di docenti e studenti cambieremo la scuola.
I ragazzi dentro i percorsi dei docenti portino stimoli, propongano temi, portino con il collega di lettere una poesia che li ha emozionati, spieghino alla classe il perché, aprano una riflessione, insieme al docente di fisica discutano, se lo desiderano, del cielo, delle stelle. A volte mi chiedo come sia possibile che nelle nostre scuola non si stimoli mai un dibattito scientifico nelle classi, possibile che i ragazzi non si appassionerebbero a cercare di comprendere una realtà come i buchi neri o le galassie? Ecco, una scuola autenticamente milaniana è una scuola in cui i docenti sono aperti alla scoperta, allo stimolo che viene dai ragazzi, che studiano insieme a loro, don Milani lo dice chiaro, “l’insegnante che ha perso il gusto per lo studio è autoritario”. E noi vogliamo una scuola partecipata e capace di futuro, l’esatto contrario di una scuola autoritaria.
Ma i docenti sono mortificati e mal considerati da molti anni, tu stesso lo dici, allora?
Allora bisogna avere il coraggio di cambiare. Che cos’è se non un carnaio una classe dove vengono buttati trenta alunni e un docente? Non è scuola! Chiediamo subito un numero di massimo 18/20 alunni per classe. Solo così docenti e studenti potranno promuovere e costruire una relazione e uno scambio, senza relazione non si costruiscono i saperi, si recita una parte in una farsa e le farse, al contrario delle commedie, sono quasi sempre inutili.
Il ministero però dice che ci sono troppi insegnanti!
Ah, questa storia l’abbiamo spiegata da anni, io sono anni che porto dati, numeri. I docenti di religione e di sostegno, per i quali nutriamo il massimo rispetto, in Europa non ci sono, in più le piccole scuole di montagna in Europa vengono conteggiate a parte, mentre da noi il ministero conta insieme a tutte le altre scuole pure quelle in cui per dieci alunni ci sono dieci docenti. Sia chiaro che io queste piccole scuole le voglio tenere aperte, le difendo e le difenderò sempre, dico solo che come in Francia per le scuole dei Pirenei o dei Vosgi, andrebbero conteggiate per quello che sono, ovvero patrimonio di una comunità, invece in Italia si utilizza una strana aritmetica che somma realtà che non possono e non devono essere sommate per massacrare tutta la scuola nel suo insieme.
Ma non sarà solo una questione di numero di classi e insegnanti?
Intanto andrebbero assunti tutti i precari sino a coprire tutti i posti vacanti, in oltre proponiamo di assumere con un contratto annuale un numero aggiuntivo di docenti pari al 10% dell’organico di ciascuna scuola. Quest’organico aggiuntivo, precario, ma con contratto di dodici mesi, garantirebbe immediata copertura delle supplenze, continuità didattica rispetto al progetto educativo di scuola, possibilità di anno sabbatico totalmente retribuito per i docenti, uno ogni sette, per leggere, scrivere, studiare, viaggiare, in Germania è così, non si capisce perché in Italia non si possa fare altrettanto.
E la questione salariale?
Direi meglio il dramma salariale. Solo i docenti che non hanno figli possono leggere e studiare, gli altri arrivano a mala pena alla fine del mese e gli unici libri che si possono permettere sono quelli di studio dei figli.
Bisogna riflettere su salario diretto e indiretto. Noi pretendiamo subito quello indiretto, senza questo non vedo come si possa, da parte di qualunque governo, iniziare un dialogo. Per salario indiretto intendo: assegno mensile di 200 euro per l’acquisto di libri, materiale didattico e concernente la professione. Accesso gratuito e illimitato a mostre e musei, agevolazioni per treni e mezzi pubblici. Questo è il minimo, è assolutamente intollerabile che un docente di storia debba insegnare la storia della fine dell’impero romano e non abbia i soldi per recarsi a Ravenna, che un docente di scienze non possa andare a visitare la meravigliosa Citta della Scienza aperto da qualche anno a Napoli. Violentato nella sua dignità di insegnante, il docente si riduce, anzi è ridotto, a noioso ripetitore di cose scritte sul libro di testo. Lo studente diventa la vittima di questa violenza subita dal docente e perpetuata sui ragazzi.
Garantito il salario indiretto si deve aprire un dibattito in tutta la società, qual è una retribuzione decorosa per un docente? È ammissibile che lo stipendio sia tra i 1200 e i 1500 euro? È ammissibile che le retribuzioni nella scuola italiana siano la metà di quelle del resto d’Europa? La società deve rispondere, tutta, perché quello dei salari nella scuola non è un problema di una categoria, ma un problema sociale. Perché la scuola è una istituzione chiamata a promuovere cultura ed opera nell’interesse di tutti i cittadini. Aver ridotto i salari dei docenti ad una voce qualsiasi del bilancio della pubblica amministrazione, confusa tra il materiale di cancelleria e la dotazione militare dell’esercito, è una aberrazione mostruosa, è il segnale di una regressione sociale pericolosissima. Noi siamo nati, come SISA, per ribaltare questa degenerazione, noi vogliamo una scuola di docenti e di studenti che nel rispetto reciproco e nel pieno riconoscimento sociale operino per costruire un domani fatto di rispetto, di cultura, di dialogo, una scuola capace di affrontare le sfide che il mondo di oggi pone.
Ma nella scuola non ci sono solo docenti e studenti, esiste il personale ATA, Tecnico, Amministrativo e Ausiliario.
Ho ripetuto e mi sono espresso da anni contro l’idiozia corporativa di chi voleva un miglior salario per i docenti contro gli amministrativi, i tecnici e gli ausiliari. La scuola è un luogo di lavoro particolare, l’ausiliario che vi lavora deve avere sensibilità ed ha responsabilità che un suo collega di una qualunque altra amministrazione non ha. Tecnici, amministrativi, collaboratori scolastici, devono vedere riconosciuta la specificità della loro funzione con un trattamento economico e giuridico coerente. La mortificazione che attraversa la scuola colpisce pure loro, è tempo di invertire questa tendenza. Solo insieme possiamo migliorare la scuola, solo insieme docenti, studenti e ATA possiamo costruire un’altra scuola. Don Milani ripeteva: “uscirne da soli dai problemi è avarizia, insieme è solidarietà”.
La A finale della vostra sigla è Ambiente, perché?
Per un motivo molto chiaro, perché oggi possiamo essere cittadini solo se conosciamo a fondo i temi legati all’ambiente. Il disastro dell’ecosistema è totale, occorre che la scuola e l’università ne traggano un impegno di promozione di conoscenze e competenze legate all’ecologia. E non solo, quando si inquina e si distrugge la terra si risponde ad un sistema economico che promuove la disuguaglianza e la violenza. Occorre che tutti diventino consapevoli che il Nord del mondo, un miliardo di persone, ha accesso ai tre quarti, il 75%, delle risorse alimentari, energetiche, naturali, all’acqua. Il restante 25% di queste risorse è disponibile per i cinque miliardi e mezzo che vivono nel Sud del pianeta. La disuguaglianza, lo squilibrio sono talmente evidenti, violenti, raccapriccianti, che non occorre una particolare sensibilità per comprendere come la situazione sia del tutto insostenibile. O diventiamo tutti consapevoli che il nostro modello di vita, consumistico, è non solo sbagliato, ingiusto, ma pure causa delle tensioni internazionali, oppure ci avvieremo ad un mondo di guerre, di odio e di contrasti.
Nel solco della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo la scuola e l’università hanno un compito preciso: la promozione della convivenza pacifica nel rispetto di tutte le culture e di tutti i popoli, questa non può avvenire senza una rinnovata e decisa educazione al rispetto dell’ecosistema e alla capacità di immaginare un futuro eco - compatibile fondato su basi di giustizia e di uguaglianza.
Concludendo, costruire un sindacato è difficile, tu e quanti collaborano con te vi siete sentiti sicuri nel compiere questo passo?
Certo, tutte le colleghe e i colleghi che mi hanno chiesto, che ci hanno chiesto, a me e ai tanti che con me si sono lanciati in questo progetto, di impegnarmi in prima persona, la loro determinazione, la loro voglia di continuare a fare ed essere scuola, a costruire con i giovani il domani, la loro ferma e convinta volontà a partecipare ad un processo nuovo, avvincente, sono per me stimolo e responsabilità. Ma ancor più grande è la mia volontà nella costruzione del SISA quando incrocio gli sguardi delle studentesse e degli studenti. Per me è straordinaria la loro passione nel credere possibile lottare e costruire una scuola che insegna, in cui si impara, in cui maestri e professori non comandano ma ti aiutano a conoscere e a capire, una scuola che esalta la partecipazione dei ragazzi, che li rispetta come persone, che li fa parlare - e non solo quando sono interrogati - una scuola che ribalta la farsa degenerata a cui ci stiamo drammaticamente abituando, tutti, docenti e studenti.
Il SISA è un’avventura emozionante, ricca di allegria, di problemi organizzativi da risolvere, di imprevisti, di sorrisi, di sogni, di desideri, di ragazze e ragazzi, di maestre, maestri, professori e professoresse, che continuano a sognare e nello stesso tempo vogliono costruire una diversa scuola, una migliore società, un’Europa e un mondo senza ingiustizie, senza frontiere, perché un altro mondo è possibile solo se iniziamo a costruirlo qui e adesso, con le nostre energie, con le nostre intelligenze, con i nostri sentimenti, con la nostra libertà.